Un software, appositamente progettato, come tanti scandaglia il web. Ma non lo fa come un comune browser per cercare dati o notizie, lo fa esclusivamente alla ricerca mirata di file e immagini contenenti i volti e le fattezze delle persone che, anche attraverso la febbre del selfing, pubblicano instancabilmente foto sui social. Questo software, anima un’applicazione che risponde al nome di Clearview salita più volte agli onori della cronaca perché ha la funzione di carpire letteralmente dalla rete, attraverso tecniche dette di web scarping, dati biometrici degli utenti. Questi dati, unici per ogni soggetto ritratto, verrebbero archiviati in quella che ha tutta l’aria di essere una discutibile enciclopedia dei volti umani. La domanda da porsi è: a quale scopo? L’algoritmo di questa applicazione ha scopi ben precisi: fornire al miglior offerente un servizio di ricerca altamente qualificato riguardante i tratti somatici delle persone. Il bello è che tutto avviene all’oscuro degli ignari titolari e disattendendo qualsiasi normativa sulla protezione dei dati personali. Recentissime informazioni confermano che Clearview dispone a tutt’oggi di un database che supera i dieci miliardi di immagini. Resta preoccupante il fatto che questo furto di dati biometrici risulta essere in continua espansione.
